Le tridacne giganti possono manipolare la luce per aiutare i loro partner simbiotici

Gli iridociti sono cellule specializzate che agiscono come nano-riflettori multistrato. Una convergenza evolutiva ha portato alla loro comparsa in una vasta gamma di organismi, comprese le tridacne giganti (Tridacna maxima) della sottofamiglia delle Tridacninae, l'unico organismo sessile e fotosimbiotico, tra gli animali noti per possedere iridociti. 

Attraverso l'interferenza della luce, con la loro architettura su nanoscala, gli iridociti generano "colori strutturali", che si pensa servano a scopi diversi, dalla comunicazione intra-specie al camuffamento. Nelle tridacne giganti, è stato precedentemente segnalato che gli iridociti promuovono una dispersione laterale e in avanti della radiazione foto-sinteticamente produttiva (PAR) nel tessuto delle tridacne, nonché il riflesso delle lunghezze d'onda non produttive. Pertanto, si presume che promuovano una maggiore efficienza nell'uso dell'energia solare disponibile, prevenendo allo stesso tempo il foto-danneggiamento dei simbionti algali.

In un recente studio Iridocytes Mediate Photonic Cooperation Between Giant Clams (Tridacninae) and Their Photosynthetic Symbionts, pubblicato su Frontiers in Marine Science, gli autori riferiscono sull'uso dei cristalli di guanina, all'interno di iridociti di tridacne giganti, come base per la cooperazione fotonica tra l'ospite bivalve e i suoi simbionti fotosintetici.

I risultati suggeriscono che, oltre ai processi di scattering precedentemente descritti, gli iridociti assorbono la radiazione UV potenzialmente dannosa (UVR) e, attraverso l'emissione successiva, emettono luce, a lunghezze d'onda maggiori, che viene poi assorbita dai pigmenti fotosintetici dei simbionti algali. Di conseguenza, sia i simbionti ospiti che quelli algali sono protetti dai raggi UV (potenzialmente) dannosi, mentre l'energia solare disponibile all'interno dello spettro PAR aumenta, migliorando così potenzialmente i tassi di fotosintesi e calcificazione in questo grande bivalve.

Inoltre, i risultati suggeriscono che questa cooperazione fotonica potrebbe essere responsabile dell'ampio repertorio di colori che caratterizza i modelli di mantello, altamente diversificati, trovati in T. maxima.

 

Materiali modificati da: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fmars.2020.00465/full

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