I cetrioli di mare non riducono le dimensioni delle microplastiche ma possono aumentare la risospensione nella colonna d'acqua.
Un team di ricercatori ha recentemente scoperto che i ricci attaccano e mangiano stelle marine predatrici. Le osservazioni ribaltano un classico copione predatore-preda.
Sai quante varietà di crinoidi esistono, e quanti e quali organismi vivono in simbiosi con questa ancestrale categoria di echinodermi?
Se inoltre sei un fotografo subacqueo il recente studio ‘Crinoid diversity and their symbiotic communities at Bangka Island (North Sulawesi, Indonesia)’ pubblicato nella rivista Marine Biodiversity, ti fornirà una miriade di nuovi soggetti da inquadrare nel mirino della tua fotocamera subacquea.
La resilienza di uno Strongylocentrotus artico a un grave danno scheletrico
La capacità della fauna marina bentonica di riparare parti del corpo ferite è fondamentale per la sopravvivenza degli individui esposti ad attacchi che infliggono ferite.
Un ormone che viene rilasciato nel nostro cervello quando ci innamoriamo, secondo un nuovo studio della Queen Mary University di Londra, fa sì che le stelle marine estroflettano lo stomaco per nutrirsi.
Le stelle corona di spine (Acanthaster planci) sono enormi spine nel fianco per le persone che cercano di proteggere le barriere coralline. Quando le popolazioni di questi predatori dei coralli finiscono fuori controllo, possono devastare le barriere coralline in modo drammatico, specialmente se queste stanno già lottando contro l'inquinamento, la pesca eccessiva e il riscaldamento. L'Australia, ad esempio, per controllare le epidemie della stella corona di spine sulla Grande Barriera Corallina sta spendendo tanti milioni di dollari.
Pur essendo priva di cervello e occhi la stella serpentina Ophiocoma wendtii, una parente delle stelle marine, può comunque rispondere alla luce grazie a cellule fotosensibili sparse sulla sua pelle. La scoperta capovolge un'ipotesi precedente secondo cui i cristalli di perline nello scheletro della creatura, assieme costituissero un grande occhio composto. Lo scopo dei cristalli resta quindi nuovamente un mistero.
Ricercatori australiani e giapponesi hanno sequenziato e decodificato per la prima volta il genoma della stella marina corona di spine (Acanthaster planci) (COTS), spianando la strada a un controllo biologico di questo predatore invasivo responsabile della distruzione delle barriere coralline in tutto l’Indo-Pacifico.
Ogni anno, in tutto il mondo, hanno luogo più di 2 milioni di procedure per guarire le fratture ossee e difetti da traumi o malattie, rendendo l'osso il secondo tessuto più comunemente trapiantato, dopo il sangue.
Come, creature come i ricci di mare, catturano il calcio di cui hanno bisogno per costruire le loro rigide strutture? Un recente studio getta nuova luce su questo mistero.
La maggior parte dei bivalvi vivono nella sabbia, nel fango, o attaccati a superfici rocciose. Ora una nuova specie di bivalve che vive su un’oloturia è stata scoperta in Giappone.
In uno studio pubblicato su “Aging Cell” gli studiosi gettano nuova luce sui processi di invecchiamento nei ricci di mare, prospettando che il declino fisico che tipicamente accompagna l’invecchiamento non sia inevitabile.I ricci di mare sono organismi notevoli. Essi sono capaci di far ricrescere le spine danneggiate e i pedicelli. Alcune specie vivono anche straordinariamente a lungo e, in modo anche più notevole, lo fanno senza mostrare segni di scadimento della salute, come un declino nella capacità rigenerativa o un incremento nella mortalità correlata all’età. Essi sono addirittura in grado di riprodursi come se fossero ancora giovani.
Studiando la capacità rigenerativa dei ricci di mare i ricercatori sperano di conoscere più a fondo i processi di rigenerazione, quelli che governano la rigenerazione dei tessuti che invecchiano come pure delle parti del corpo perse o danneggiate.
Nonostante somigli ad un hot dog bruciacchiato, Holothuria edulis vanta un importante ruolo negli oceani.
Un nuovo studio di genetica analizza il valore di questi organismi negli ecosistemi marini delle isole di Okinawa (Giappone), la loro elevata sensibilità agli stress ambientali e l’eccessivo sfruttamento da pesca.