Le particelle di plastica sono inquinanti onnipresenti nell'ambiente in cui viviamo e nella catena alimentare, ma nessuno studio fino ad oggi ha descritto l'esposizione interna delle particelle di plastica nel sangue umano.
I cetrioli di mare non riducono le dimensioni delle microplastiche ma possono aumentare la risospensione nella colonna d'acqua.
I molteplici impatti delle microplastiche possono causare conseguenze a livello molecolare, fisiologico, epidemiologico ed ecologico sui coralli (Corallium rubrum) e altri predatori marini.
Il coinvolgimento del pubblico nella pulizia dei rifiuti lungo le spiagge è una pratica di volontariato diffusa in tutto il mondo. Anche in Italia, ormai, non si contano più le giornate dedicate dai volontari a questo tipo di attività. Abbiamo rivolto alcune domande a Serena Lucrezi, autrice di numerosi studi in merito, con esperienze in Sud Africa, Mozambico ed ora in Nigeria grazie al recente studio: “Who wants to join?” Visitors' willingness to participate in beach litter clean-ups in Nigeria, pubblicato su Marine Pollution Bullettin.
Di tutta la plastica che entra negli oceani ogni anno, solo l'1% fluttua sulla superficie. Quindi dov'è il resto?
Questa plastica "mancante" è una domanda che gli scienziati si sono posti da vecchia data. Ad oggi, la ricerca si è concentrata sui gyres oceanici come il Great Pacific Garbage Patch; la colonna d'acqua (la parte dell'oceano tra la superficie e il fondo del mare); il fondo dell'oceano e lo stomaco della fauna marina.
Le proteine di calamaro possono essere utilizzate per produrre materiali di prossima generazione in una serie di ambiti che includono energia e biomedicina, così come i settori della sicurezza e della difesa.
Una prima indagine nel suo genere dell'Università di Tel Aviv rileva che le microplastiche sono presenti in ascidie solitarie lungo tutta la costa israeliana. È questo il primo studio che esamina la contaminazione da additivi plastici negli organismi marini nel Mediterraneo orientale e nel Mar Rosso.
A terra, i lombrichi ingurgitano foglie e funghi morti rilasciando piccoli pezzi di materia organica che arricchiscono il terreno. Nel mare, si scopre che alcuni vermi marini masticano plastica fluttuante e liberano micro-plastiche, una scoperta inquietante portata alla luce nelle nuove ricerche di un team di scienziati della Corea del Sud.
Le concentrazioni di micro-plastiche nello strato superficiale degli oceani sono inferiori al previsto. I ricercatori del GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research Kiel, hanno dimostrato sperimentalmente che le micro-plastiche interagiscono con le particelle naturali e formano aggregati nell'acqua di mare. Questa formazione di aggregati potrebbe spiegare come le micro-plastiche affondano negli strati più profondi.
Secondo i ricercatori dell'Università di Hawai'i, diversi gas a effetto serra sono emessi quando la plastica comune si degrada nell'ambiente.
La plastica è famosa per la sua durevole resistenza, che la rende perfetta per i prodotti di consumo ma una minaccia unica e persistente per l'ambiente naturale.
Per le tartarughe marine che nidificano sulle spiagge un tempo incontaminate che delimitano il Golfo del Messico, pezzi di plastica di spessore millimetrico, chiamati microplastiche, rappresentano una minaccia particolarmente urgente.
Uno studio condotto da ricercatori australiani mostra che il krill può digerire certe forme di microplastica in frammenti più piccoli, ma non pervasivi. Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, il krill antartico, Euphausia superba, può scomporre sfere di polietilene da 31,5 micron in frammenti con diametro inferiore a un micron.
La plastica può contribuire a far ammalare i coralli?
La plastica rappresenta un grave problema per la vita marina. Gli uccelli marini e le tartarughe muoiono di fame se mangiano sacchetti di plastica o anelli di imballaggio, le balene possono rimanere intrappolate mortalmente nelle attrezzature da pesca.
Una particella bianca di plastica viene inghiottita da un polipo di corallo. (Credit: Alex Seymour, Duke Univ.)
Gli scienziati sanno da tempo che gli animali marini mangiano erroneamente detriti di plastica perché i piccoli pezzi di plastica galleggianti vengono scambiati per prede. Ma un nuovo studio sull'ingestione di plastica da parte dei coralli suggerisce che ci possa essere un ulteriore motivo per tale comportamento, potenzialmente dannoso: la plastica ha semplicemente un buon sapore. Gli additivi chimici nella plastica potrebbero agire come stimolanti alimentari.