Le spugne, tra i più antichi organismi multicellulari esistenti sulla Terra, svolgono un ruolo chiave nel ciclo dei nutrienti in molti ecosistemi acquatici.
Come filtratori, le spugne aspirano l'acqua attraverso i pori di ingresso, chiamati osti, e la filtrano attraverso un sistema di canali interni per estrarre i nutrienti.
Presentato all’ICRS uno studio che conferma il ruolo dominante di questo ancestrale taxon negli scenari climatici futuri
L'aumento dell'anidride carbonica atmosferica (CO2) sta causando un aumento della pressione parziale di CO2 nell'oceano e una conseguente riduzione del pH, comunemente chiamata acidificazione dell'oceano.
Il cestello di Venere (𝘌𝘶𝘱𝘭𝘦𝘤𝘵𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘢𝘴𝘱𝘦𝘳𝘨𝘪𝘭𝘭𝘶𝘮) è una spugna che vive sul fondo dell'Oceano Pacifico. Queste spugne hanno un insolito scheletro di vetro che le aiuta a raccogliere cibo e ora sembra metterle persino in grado di controllare le correnti oceaniche.
Le spugne sono notoriamente animali acquatici sessili che vivono la loro vita strettamente ancorati al fondo, con occasionali spostamenti passivi legati al trasporto delle correnti.
A differenza di ecosistemi, come ad esempio le scogliere coralline, dove numerosi fattori favorevoli agevolano lo sviluppo di una elevata biodiversità, in habitat con condizioni ambientali particolarmente avverse, la biodiversità risulta essere relativamente bassa.
Gli ultimi dieci anni hanno visto un dibattito particolarmente acceso su quali siano stati i nostri antenati comuni: le spugne o gli ctenofori? Ora un nuovo studio, pubblicato su Science Advances, ha trovato una risposta.
Il cambiamento climatico sta aumentando frequenza, entità e costi socio-economici di eventi meteorologici estremi con effetti senza precedenti e che si stanno manifestando sia in ambiente terrestre che in quello marino. La tempesta Vaia che nel 2018 ha interessato il nord-est italiano, ha provocato lo schianto al suolo di milioni di alberi, con la conseguente distruzione di decine di migliaia di ettari di foreste alpine di conifere.
Uno studio di un team internazionale, su spugne perforanti, dimostra che l'integrazione di marcatori morfologici e molecolari è attualmente essenziale per il riconoscimento della variabilità inter e intraspecifica, nonché per distinguere le specie.
Pubblicato sulla rivista Applied Sciences, il primo studio sulla concentrazione totale di mercurio (Hg) nelle spugne dell’Arcipelago Toscano: i dati suggeriscono che questi metazoi possano accumulare elementi tossici presenti nelle acque costiere.
Le scogliere coralline sono in pericolo ovunque nel pianeta. Varie sono le cause responsabili del loro degrado, fra queste stanno recentemente avendo sempre più risalto le interazioni fra spugne e coralli. In particolare stanno aumentando in maniera allarmante segnalazioni di spugne incrostanti che uccidono i coralli.
Un nuovo studio potrebbe risolvere un lungo dibattito su quale creatura si sia per prima evoluta da un antenato animale comune universale.
A lungo si è dibattuto nel mondo della filogenetica: quale creatura è l'ultimo antenato comune di tutti gli animali?
Un team di ricerca dello Scripps Institution of Oceanography presso la University of California, San Diego, ha scoperto per la prima volta che una comune spugna marina ospita batteri specializzati nella produzione di composti tossici quasi identici ai composti ignifughi artificiali.
Le spugne (phylum Porifera) sono componenti essenziali delle comunità bentoniche marine, esse possono competere con i coralli costruttori dei reef in termini di abbondanza e diversità.
Chalinula nematifera è una spugna incrostante comune nell’Indo-Pacifico, capace di crescere su coralli vivi. Dati di distribuzione di C. nematifera sono frammentari; la sua presenza è stata documentata come potenziale minaccia per i reef corallini della costa messicana del Pacifico (Ávila and Carballo 2009).